La Triennale, fin dalla sua fondazione, ha saputo rappresentare lo spirito di ricerca, innovazione e apertura al mondo, scrivendo pagine di storia fondamentali nei campi dell’architettura e del design.
Qui aleggia ancora lo stile inconfondibile di Gio Ponti, suscitatore della rassegna, e che ha fatto di queste caratteristiche un suo tratto essenziale.
Le disuguaglianze tra nord e sud del mondo – argomento dell’esposizione internazionale di quest’anno – sono un tema centrale, come visto anche alla Biennale di Architettura a Venezia e in Parlamento con la diplomazia culturale. Siamo stati, come Commissione Cultura e Ricerca della Camera, in Kerala, nel sud dell’India, a parlare di rigenerazione urbana e sostenibilità.
La Triennale deve avere la capacità di lanciare dibattiti alti e storici su temi importanti come la ricostruzione dei teatri di guerra – come l’Ucraina e la Striscia di Gaza – e sulla forma con cui deve avvenire. Su questo, penso ai vari movimenti che si sono confrontati, anche in maniera serrata, sulle modalità della rigenerazione, come il neourbanesimo, che sostiene un modello basato su città policentriche in cui al centro vi è l’uomo, le relazioni umane e il concetto comunitario di vivere insieme.
Oggi celebriamo la continua capacità della Triennale di rinnovarsi, di aprirsi e di porre temi nuovi sul design e l’architettura e il loro rapporto con le disuguaglianze che attanagliano il mondo.