È stata depositata alla Camera, dopo averla annunciata nei scorsi giorni nel corso dell’audizione presso le commissioni riunite Cultura e Lavoro della ministra delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone, la risoluzione a firma mia e di Walter Rizzetto in merito alla vicenda di migliaia di lavoratori dello spettacolo che, dopo aver percepito la pensione, hanno fatto ricorso in quanto c’era un errore nella liquidazione riguardante la Quota B. Si trattava di un errore di interpretazione della normativa che ne disciplina la liquidazione.

Centinaia di pensionati del settore dello spettacolo hanno fatto ricorso al tribunale perché prima l’Enpals, e poi l’Inps, hanno liquidato la Quota B della pensione in un importo inferiore a quello dovuto per legge. Dal 2014 in poi i tribunali e le corti di appello di tutta Italia hanno rilevato l’errore di interpretazione e di applicazione della normativa di settore e hanno condannato l’Inps a riliquidare i vari trattamenti pensionistici. Incredibilmente, la Corte di cassazione, con la prima sentenza pronunciata sul punto – sentenza 29 dicembre 2022, n. 38018 – ha ribaltato la situazione, contraddicendo tutti i magistrati intervenuti sinora sulla questione.

La sentenza della Cassazione colpisce gravemente un settore, quale quello della cultura, già altamente messo a rischio dalla pandemia e che con grande sforzo sta cercando di riprendersi. La categoria di lavoratori dello spettacolo si caratterizza per essere titolare di rapporti di lavoro brevi, discontinui, con situazioni contributive che, spesso, non consentono l’accesso alle prestazioni, pur in presenza di attività svolta per lunghi periodi con carattere di professionalità. L’articolo 9 della Costituzione riconosce alla cultura la valenza di elemento costitutivo e identitario della Repubblica, esprimendo sotto forma di principio giuridico ciò che è intrinsecamente connaturato nella coscienza civile comune della Nazione. Nonostante la Costituzione affermi con forza il valore della cultura e il diritto alla cultura, negli ultimi due decenni sono stati costantemente ridotti gli investimenti pubblici per la cultura e per lo spettacolo in particolare, dimostrando scarsa attenzione per le peculiari dinamiche del lavoro nel mondo dello spettacolo e per le specifiche esigenze di tutela previdenziale dei lavoratori del comparto. Troppo spesso il settore culturale viene, invece, nei fatti, considerato un fattore marginale nel processo di sviluppo complessivo della società e scarsa attenzione viene riservata dalle istituzioni alle specifiche dinamiche del lavoro e del sistema previdenziale di chi lavora nel comparto dello spettacolo, come dimostra la notevole frammentazione della disciplina legislativa e giurisprudenziale del settore. I percorsi professionali dei lavoratori dello spettacolo, caratterizzati da necessaria mobilità, non programmabilità, discontinuità e intermittenza, non hanno finora trovato un inquadramento apprezzabile in un sistema di protezione sociale che garantisca prestazioni apprezzabili in termini di welfare.

Occorre riconoscere il valore sociale del lavoro culturale ed artistico nonché l’impatto positivo del settore dello spettacolo sul territorio in termini economici, di benessere dei cittadini, di sviluppo e di coesione sociale come emerso anche nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di lavoro e previdenza nel settore dello spettacolo svolta dalle commissioni VII e XI nel corso della XVIII legislatura. Appare necessario affrontare il tema più generale della condizione dei lavoratori del settore dello spettacolo, con riguardo, tra l’altro, alla loro situazione economica, alle prospettive previdenziali, alle tipologie contrattuali che più li riguardano, alla frequenza e alle forme del lavoro irregolare che li interessa, al rischio della disoccupazione, ai rapporti con la committenza, ai ritmi e alle condizioni di lavoro, alle aspettative legate al lavoro, alla formazione e alle competenze, come già previsto anche nella legge delega sullo spettacolo

Per queste ragioni, la risoluzione impegna il Governo ad adottare iniziative di carattere normativo, anche coinvolgendo l’Inps, in relazione all’articolo 4, comma 8, del decreto legislativo n. 182 del 1997, al fine di chiarire che tale norma – che detta una disciplina completa ed esaustiva per la liquidazione della quota B della pensione – prevede, per tale quota, che le aliquote di rendimento decrescenti di cui alla tabella B dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 503 del 1992 si applichino su tutta la contribuzione versata con il solo limite della retribuzione imponibile e con esclusione, quindi, del solo contributo di solidarietà e senza alcun riferimento al tetto pari alle vecchie lire 315.000 che resta fermo invece per la liquidazione della sola quota A; a definire e realizzare, su un piano più generale, un quadro organico degli interventi pubblici a sostegno del settore della cultura che preveda l’integrazione di tutti gli strumenti già previsti o da porre in essere in attuazione della legge delega n. 106 del 2022; a prestare particolare attenzione all’analisi delle molteplici problematiche che affliggono i lavoratori del settore dello spettacolo, al fine di porre le condizioni per cercare di sistematizzare e uniformare una disciplina legislativa e giurisprudenziale particolarmente frammentata, attraverso la formulazione di specifiche ipotesi di intervento normativo; ad adottare iniziative al fine di contrastare la tendenza più recente rappresentata dal calo del potere di acquisto della retribuzione di tali lavoratori e dalla riduzione dei finanziamenti pubblici e privati per l’arte e la cultura e da un più generale calo degli investimenti nel settore.

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Inps, depositata nostra risoluzione su trattamento pensionistico degli artisti

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